Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2018

L'intervista Gaetano Micciché - «Diritti tv, web e stadi. Così aiuterò la Serie A».

  - Corriere Della Sera

Milano 

Da ragazzino giocava da mediano «in quei campi non certo in erba dove se si cadeva ci si sbucciava le ginocchia per bene, ma avevo fiato, correvo tanto e sapevo dare la palla, servire come si deve il compagno...» e da presidente di Lega serie A ragiona ancora da mediano-regista: <Io sono per il gioco di squadra». Gaetano Miccichè, banchiere, protagonista della vita economica e industriale del Paese, da qualche mese ha accolto l'invito di Giovanni Malagò, presidente del Coni, a guidare il satellite più litigioso del pianeta pallone. Eletto il 19 marzo all'unanimità, i128 maggio è iniziato ufficialmente il suo cammino di governatore massimo della Lega.

Ma chi gliel'ha fatto fare di interpretare un ruolo così tormentato come il presidente della serie A?

«Molti sono andati oltre, chiedendomi se non fossi diventato pazzo. Invece, come spesso capita, la situazione, è molto più semplice. Ho sempre stimato e apprezzato Malagò, lo trovo positivo, diretto, mi ha descritto la natura dei problemi, la situazione che stava vivendo il calcio e la Lega serie A in particolare».

Non si è spaventato?

«No, tutt'altro. C'è chi potrà anche aver visto della vanità nel mio gesto. Lavoro da 47 anni e non ho mai studiato per diventare qualcuno o per fare qualcosa. Molte delle mie vicende che hanno riscontrato anche un successo professionale sono nate per caso. Come questa della Lega serie A: l'esperienza si sta rivelando interessante. Mi occupo di calcio, quindi di sport, di uomini, di società, aziende, città, prodotti. Con l'intento di valorizzare al meglio il prodotto calcio. Credo che si sia partiti bene nella gestione e vendita dei diritti tv».

Soddisfatto dei 973 milioni incassati dalla serie A?

«Forniamo le cifre giuste, per cortesia».

Prego, faccia lei: è la sua materia.

«Ai 973,3 milioni tra Sky e Perform per l'utenza sul territorio nazionale, si devono aggiungere i 371 milioni per il mercato internazionale e i 35,5 per la Coppa Italia sul mercato domestico. Poi ci sono altri pacchetti per una quarantina di milioni: si supera quota 1,4 miliardi. Nel totale, un incremento rispetto al triennio 2015-2018 di circa 200 milioni.
E poi ci sono bonus dai broadcaster che possono raggiungere 150 milioni all'anno e che sono collegati alla crescita degli abbonati: così la Lega è coinvolta nella creazione di valore e nei risultati, un meccanismo molto nuovo e incentivante. Si può fare sempre meglio certo...».

Ma quanta fatica per arrivare a questo risultato?

«C'è stata la naturale discussione per un problema così spinoso. La giusta osservazione è un'altra: nelle tre delibere decisive sull'argomento, il consenso dei 20 presidenti è stato unanime. Non è un risultato da poco».

La situazione migliore per un presidente.

«Nella mia esperienza professionale, la strategia, quando partecipo ad assemblee o a consigli di amministrazione, è rivolta a creare il consenso, grazie al quale le decisioni diventano l'espressione di una volontà condivisa e non c'è più neanche bisogno di votare. Si vota solo quando non si comprendono le logiche di una decisione, di una scelta».

Deluso dall'intervento della spagnola Mediapro?

«Sì, lo devo ammettere. Si è rivelata inadempiente e in certe occasioni i suoi responsabili hanno fatto dichiarazioni che non ho compreso. Non hanno poi seguito consigli e suggerimenti forniti per il bene generale».

C'è chi dice che Sky la faccia da padrone, che faccia troppa politica...

«Io sono soddisfatto del prodotto calcio fornito da Sky. Penso sia di ottima qualità. Quanto a far politica, non conosco la situazione del passato, una cosa è certa, con la mia presidenza non la farà».

Che scopo si è dato come presidente di Lega?

«Vorrei che si andasse oltre i 90' della partita. La partita deve essere rivolta ad un interesse molto più ampio. Il calcio al servizio delle città, dell'appassionato, del tifoso. Un esempio progettuale: una piattaforma online della Lega, dove l'appassionato, che vuole andare allo stadio, visualizza il posto in tribuna, cerca e trova il biglietto giusto, si documenta non solo sulla squadra avversaria, ma anche sulla città che ospita quell'incontro, i mezzi di trasporto, treni e aerei per arrivarci, l'attività culturale in quella città e molti altri dati... Cosa le sembra?».

Ottima iniziativa. E poi?

«La Lega dovrà aiutare a diffondere e quindi vendere meglio il merchandising delle società di calcio. Si fa ancora poco in questa direzione. Non si ha idea dell'interesse che c'è, io stesso in questi giorni ho avuto tantissime richieste da gente impensabile, mi creda, per tutto ciò che gira attorno alle squadre e ai suoi campioni».

Ce la farà a convincere i presidenti e a portarli in questa direzione?

«Ho trovato dirigenti di alto livello. Ho un rapporto eccellente con ogni presidente.
Molte delle mie idee provengono da loro...».

Non le sembra che poi giochino una loro partita, facendo prevalere l'interesse personale.

«Non è così e, comunque, non sarà così. Sono qui apposta perché prevalga l'interesse generale. Spesso si parla della Lega come la Confindustria del pallone, ma si è rivelata un'immagine non aderente alla realtà. Vorrei far diventare davvero la Lega un'associazione con una attività produttiva quotidiana sia a livello nazionale che internazionale. È così che ci si deve muovere se vogliamo davvero essere la Confindustria del pallone».

Preoccupato per la situazione stadi? Quello della Roma sta finendo male.

«Il mondo del calcio ha bisogno di stadi nuovi, che possono anche rappresentare occasione di sviluppo e riqualificazione del territorio e dei servizi, non fonte di speculazione o di illegalità. In Italia gli stadi sono per lo più vetusti e privi di servizi. E questo ha effetto sulla presenza del pubblico: tra le Leghe europee quella italiana è quella con meno spettatori dal vivo: la questione dello stadio della Roma deve essere affrontata e risolta rapidamente, tutelando legalità e interessi dei cittadini».

Ha tempo di vedere i Mondiali? Per chi fa il tifo?

«La passione c'è, quindi qualche partita la vedo. Non c'è l'Italia, mi manca, manca a tutti. Soprattutto, non si creano quelle occasioni tipiche della Nazionale: pranzi, cene, lo stare insieme davanti alla tv con i bambini protagonisti a fare il tifo, a sognare una vittoria».
Eh sì, «stare insieme, il gioco di squadra», un'azione da mediano-regista-presidente.

Monica Colombo e Daniele Dallera


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