Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2014

Versace "apre" al fondo Usa ma il controllo resta alla famiglia

  - La Stampa

Un fondo americano, ecco il nuovo partner forte di casa Versace. Nel testa a testa tra Investcorp (società di investimenti del Bahrein cui anni fa facevano capo Gucci e Tiffany) e il colosso Usa del private equity Blackstone, prevalgono gli americani. Non tanto per differenze abissali sul piano finanziario, quanto per la comunanza di visione su business e piani di sviluppo tra il numero uno di Blackstone, Stephen Schwarzman, e il direttore creativo del gruppo del lusso, Donatella Versace, definita dal manager Usa «un'icona di stile» con «un ruolo unico nel mondo del fashion». E dunque affare fatto, la GiVi Holding (il cui 30% fa capo a Santo Versace, il 20% a Donatella, il restante 50% alla figlia Allegra, eredità del compianto zio Gianni) apre le porte della maison al fondo Usa, che investirà 210 milioni per il 20% del capitale. 60 milioni per rilevare delle quote dalla holding, 150 milioni per sottoscrivere un aumento di capitale. La governance? Santo Versace resterà presidente, Gian Giacomo Ferraris ad. Nel Cda arriverà un rappresentante del fondo. «Abbiamo raggiunto una posizione forte ed unica nel fashion luxury e sono convinta che questo investimento, insieme a un chiaro obiettivo e ad un management eccezionale, permetterà a Versace di esprimere appieno il proprio potenziale», esulta Donatella. L'operazione, che valuta il gruppo un miliardo, nelle intenzioni dei Versace sarà un acceleratore dello sviluppo per la società, che nel giro di 3-5 anni punta a sbarcare in Borsa, a Milano o in piazze come Hong Kong o New York. Prima però bisogna accrescere il valore del marchio. Perché se è vero che tra il 2009 e il 2013 il fatturato è sostanzialmente raddoppiato, passando dai 260 a 480 milioni di euro (+18% in un anno, con l'Ebitda che nel 2013 è salito di oltre il 50% a 69 milioni di euro), l'obiettivo è più ambizioso. Il gruppo «cambierà cilindrata», scommette l'ad Ferraris. L'obiettivo è portare Versace alle dimensioni di concorrenti altrettanto blasonati come Armani o Prada che veleggiano rispettivamente tra i 2 e i 3 miliardi di euro di ricavi. «Aprire il capitale ad un socio finanziario di elevato standing come Blackstone, continuando a mantenere il controllo del gruppo, consentirà alla famiglia Versace e al management di effettuare ulteriori investimenti in Asia, in Sud America, in Australia e in Russia», dice Gaetano Miccichè, dg di Intesa Sanpaolo e ad di Banca Imi, insieme a Goldman Sachs e allo Studio Gattai Minoli consulente di Versace, mentre Lazard e lo studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners lo sono per il fondo. Secondo Miccichè l'operazione «dimostra che in presenza di piani credibili e sostenibili la disponibilità degli investitori internazionali ad investire nel nostro Paese è nuovamente concreta». Insomma l'affare Versace-Blackstone, viene sottolineato da più parti, non è l'ennesimo caso di Made in Italy che vola via. Un elenco lunghissimo, che va dalla Valentino finita all'emiro del Qatar, a Gucci passata a Kering, a Bulgari in mano Lvmh, fino alla Ferrè andata alla Paris Group di Dubai ed eclissata. In Versace invece la famiglia «rimarrà il fulcro della società», assicurano dal gruppo. Blackstone, dice Schwarzman, la sosterrà «nella realizzazione del suo forte potenziale di crescita». Fino alla Borsa.

Francesco Spini
 


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