Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2014

Gli investimenti italiani tornano a crescere in Cina

  - Il Sole 24 Ore

«I primi due concorsi di architettura li abbiamo persi arrivando secondi. Il terzo pure, nel porto di Tianjin. O meglio, ci avevano comunicato che avevamo vinto, ma poi sul podio hanno chiamato i colleghi di uno studio tedesco. Poi abbiamo visto che tra i finanziatori del progetto c'erano primarie aziende e banche tedesche e abbiamo capito cosa significa muoversi, da italiani, senza fare sistema». Poi però Massimo Roj, architetto e amministratore delegato di CmrProject (13 uffici e 700 clienti nel mondo) in Cina ha progettato il rettorato dell'università di Tianjin, il parco Hi-Tech, l'exhibition center e quest'anno punta a trasformarsi da società di architettura in società di ingegneria, fatturare 70 milioni di renminbi (oltre 8,5 milioni di euro) solo nel Paese e vuole arrivare a 70 collaboratori. Pmi nate italiane e diventate "multinazionali" sono state raccontate, nel corso del 7° Forum sulle "Storie di successo italiane in Cina", tenutosi ieri a Milano e organizzato dalla Fondazione Italia-Cina, in collaborazione con Intesa Sanpaolo e che dimostrano come a "tagia" può non essere un ostacolo allo sbarco in un Paese, legato a tradizioni sconosciute e che, anche a livelli top, spesso non parla inglese. Non a caso il 2013 si chiude con buone notizie sul fronte dell'interscambio Italia-Cina. Sono tornati a crescere gli investimenti delle imprese italiane in Cina: nel 2013 hanno raggiunto i 316 milioni di dollari, con un incremento del 28,92% che recupera parzialmente il -36,62% del 2012. Nel 2013, le esportazioni italiane in Cina sono cresciute di oltre 1,3 miliardi di dollari (+8,13%) e anche l'import italiano è lievemente aumentato. In questo modo, l'interscambio tra i due Paesi è passato da 41,91 miliardi a 43,33 miliardi di dollari, ancora distante dai 51,3 miliardi del 2011 ma in crescita del 3,38 per cento. «Possiamo dire con certezza - ha affermato il presidente della Fondazione Italia-Cina, Cesare Romiti - che il successo non dipende dalla dimensione o dal settore di appartenenza ma dalla visione strategica, dalla programmazione e conoscenza del mercato e dalle risorse umane e materiali impiegate». Secondo Gaetano Miccichè, direttore generale Intesa Sanpaolo. «L'incremento dei consumi interni e la formazione di una classe media ricca fanno della Cina un mercato di sbocco dall'enorme potenziale per le nostre imprese. Osserviamo con interesse - ha concluso Miccichè - l'elevato tasso di sviluppo di alcune regioni e intensifichiamo le relazioni con le corporate cinesi che intendono investire o trovare partner in Italia». «Dalla costituzione di una società, in Cina, ai permessi di costruzione non passano più di tre mesi», ha spiegato Pierluigi Miciano, presidente di Covem (150 milioni di euro di fatturato e 250 dipendenti) che produce pellicole chimiche per il biomedicale e il fotovoltaico. ln Cina, (dove nel 2014 il fatturato si raddoppierà a 46 milioni di euro) il core business sono i pannelli. «Ogi in Europa - ha aggiunto Miciano - si producono 2 giga, in Cina 40 e nel resto del mondo 5. Nel 2017, anche per i cronici problemi di inquinamento, la Cina li porterà a 70. Nel nostro insediamento di Zhangjiagand produciamo per il mercato cinese e i Paesi limitrofi». Una "prateria" di opportunità con alcune insidie «Gli ostacoli sono i limitati strumenti per lo smobilizzo pro solvendo e pro soluto, la difficoltà a reperire informazioni finanziarie trasparenti sulle aziende clienti. Inoltre le nostre "piccole" e i pochi investimenti italiani in Cina diminuiscono il nostro potere contrattuale come Paese. Infine, il sistema di relazioni è talmente complesso che serve un partner locale per fare business, a sua volta affidabile». Problemi molto meno sentiti da chi in Cina ha seguito " embed-ded" le catene internazionali del valore e la fornitura di nicchia per grandi big dell'automotive tedeschi e Usa, come la Eldor di Orsenigo (Como, 200 milioni di fatturato, 1.800 dipendenti e stabilimenti anche in Francia, Turchia e Brasile, in vista di uno negli Usa). «Produciamo -ha spiegato il presidente Pasquale Forte- "bobine intelligenti" per ottimizzare la combustione. A Dalian non sfruttiamo la manodopera, ma abbiamo portato una fabbrica automatizzata che serve le case automobilistiche europee (per lo più tedesche) e statunitensi». L'investimento da 36 milioni ha avviato la produzione a maggio scorso e in un solo semestre ha fatturato 45 milioni di euro. Nel 2014 ne sono attesi 45 milioni. Da Bmw - ha concluso Forte - abbiamo ordini sino al 2022». Ma la Cina ha portato fortuna anche a un'azienda come Grandi Salumifici Italiani (nata dal 2000 dalla joint venture paritaria tra l'altoatesina Senfter e l'emiliana Unibon): «Nel 1994 in Italia eravamo piccoli (60 milioni di fatturato) -ha spiegato il presidente Helmut Senfter - tra colossi consolidati dell'alimentare. Non volevamo alterare gli equilibri competitivi del mercato nazionale. E siccome i cinesi non consumano prodotti crudi e quelli cotti vanno prodotti sul posto - abbiamo aperto nell'Hennan. Fino al 2007 siamo cresciuti del 60% all'anno. Dal 2008 "solo" del 22».

Laura Cavestri
 


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