Rassegna stampa 2013
Il presidente del Toro rischia l'autogol il suo impero può andare in rosso fisso
MILANO - Il più 12,6% segnato ieri in Borsa dal titolo Cairo Communication fornisce una prima indicazione dell'operazione La7. Il prezzo, o meglio la dote, che Urbano Cairoè riuscitoa spuntare nella trattativa, si dice intorno agli 80 milioni di euro, è di sicuro un elemento a suo favore e non di Telecom. Secondo elemento, il mercato appare fiducioso che Cairo riesca nel suo intento di risanare il canale tv che nel 2012 ha perso 100 milioni. Con una casa editrice e una concessionaria di pubblicità che nel loro complesso hanno fatturato 319 milioni e ne hanno guadagnati 18 nell'anno appena trascorso, non è comunque un'impresa facile. Se non interviene immediatamente sui costi del palinsesto, portato a 120 milioni dall'ex ad Gianni Stella, Cairo rischia di portare in rosso tutta la casa editrice. Con un mercato della pubblicità in forte contrazione sarà inoltre necessario lanciare nuove trasmissioni in grado di attirare nuovi inserzionisti. Tuttavia questa è da sempre la spirale in cui si avviluppa La7 di oggi e la Tmc di una volta: lo share non è sufficiente ad attrarre pubblicità per coprire i costi, e se si investe per aumentare lo share, come ha fatto Stella, si rischia di allargare il buco invece che chiuderlo. Tuttavia la decisione del cda a favore di Cairo nonè stata così facile da raggiungere. Il presidente Franco Bernabè non ha nemmeno letto la lettera di Diego Della Valle poiché non la considerava un'offerta compiuta, ma solo un interessamento. Se Della Valle avesse indicato un prezzo, anche non vincolante, sarebbe stato diverso. E tutta la discussione è così ruotata intorno al valore dei multiplex, il vero nodo della vicenda. I consiglieri erano sicuri di voler vendere La7, fonte di perdite per Telecom, ma erano molto meno certi di voler alienare un asset che produce 40-45 milioni di ebitda all'anno. Certo bisognerà vedere se i prezzi di affitto delle frequenze in futuro saliranno o scenderanno, ma meglio non rischiare di svendere e incorrere in un'azione di responsabilità. Risultato: quattro voti per Clessidra, Pagliaro, Ben Ammar, Miccichè, Catania, tutti gli altri per Cairo, inclusi gli spagnoli e Galateri. A mente fredda c'è comunque da chiedersi come mai i grandi soci di Telecom Italia, cioè Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Generali abbiano deciso di chiudere l'esperienza televisiva con tanta determinazione. La versione buona dice che i banchieri erano stanchi di subire perdite e di essere accusati dai politici per i contenuti delle trasmissioni a volte irriverenti. La versione più dietrologica riferisce che i banchieri non volevano più lasciare La7 nelle mani di Bernabè, poiché un governo di centro sinistra in carica e le risorse della Telecom avrebbe potuto rafforzare il polo tv a danno di Mediaset. È noto infatti che La7 negli ultimi anni è andata a rosicchiare spettatori a Rai Tre, ma assai meno alle reti Mediaset che hanno un pubblico più giovane. La sfida futura sta proprio qui: andare a prendere un pubblico diverso. E bisognerà vedere se Cairo avrà le spalle sufficientemente robuste per scontrarsi con il Biscione. Di certo i banchieri avrebbero preferito che a lanciare questa sfida fossero stati Claudio Sposito e Marco Bassetti. Invece ha prevalso la discesa in campo di un editore puro che dovrà sudare sette camicie per risollevare la baraccae mantenerla indipendente da future incursioni di gruppi con le spalle più larghe.
Giovanni Pons