Rassegna stampa 2013
Alitalia: sì all’aumento. Il consiglio si dimette
Si è compiuto all’alba il primo passo verso il salvataggio di Alitalia. Al termine di una vera e propria maratona iniziata alle 17 di lunedì, l’Assemblea dei soci ha dato l’ok all’unanimità all’aumento di capitale di 300 milioni di euro. A questi, si aggiungeranno 200 milioni di nuovi prestiti bancari: la manovra totale è di 500 milioni. Ci sarà tempo fino a metà novembre per sottoscrivere le azioni di nuova emissione, e poco di più per acquistare le quote rimaste invendute: Posteitaliane entrerà con 75 milioni di euro, mentre altri 100 saranno assicurati dalle banche, Intesa SanPaolo e Unicredit. E siccome gli assetti stanno per cambiare, il cda presieduto da Roberto Colaninno ha deciso di rassegnare le proprie irrevocabili dimissioni, con effetto alla prossima assemblea.
ORA SERVE UN PARTNER
Ma se si vuole dare un futuro all’ex compagnia di bandiera c’è molta strada da fare. Innanzitutto bisogna vedere se tutti i soci rispetteranno gli impegni. Intesa SanPaolo ha dato il via libera in serata (26 milioni di aumento, più 50 massimi garantiti per la quota inoptata), mentre Atlantia, che possiede il 9% di Alitalia ed è controllata dalla famiglia Benetton, ha smentito la volontà di investire 50 milioni. Poi c’è la delicatissima partita del partner estero, Air France-Klm, anche perché al momento all’orizzonte non si intravedono altri soggetti interessati.
Non c’è tempo da perdere. Lo sa bene Massimo Sarmi, numero uno di Posteitaliane, che è volato ieri a Parigi per incontrare Alexandre De Juniac, amministratore delegato della compagnia franco-olandese, e convincerlo a mettere da parte i dubbi sul rilancio. Lo conferma Gaetano Miccichè, direttore generale di Intesa SanPaolo, che parla di Air France del “partner naturale” di Alitalia, di cui possiede già il 25%.
Ma soprattutto è il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni (ieri in Lussemburgo), a far capire la gravità della situazione ricordando come “non sia realistica l’idea che Alitalia possa vivere da sola”. Le scelte fatte in passato dal governo Berlusconi con l’arrivo dei “capitani coraggiosi” non si possono più ripetere, è necessario “trovare una fora di partnership, il governo sosterrà l’integrazione con un operatore internazionale”, insiste Saccomanni.
Che replica alle accuse di protezionismo definendole “fuori luogo. Il governo non è direttamente coinvolto nell’aumento di capitale”. Sulla stessa linea il collega allo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato: “L’operazione che è stata fatta è puramente industriale: non è un aiuto. Aiuto significa che si mettono dei soldi per ridurre il rischio degli imprenditori. Qui non è così”. L’ex primo cittadino di Padova ha smentito poi il retroscena del rifiuto dell’Ad Mauro Moretti (Fs) di accorrere al capezzale di Alitalia: “Assolutamente falso, ha lavorato per trovare una soluzione”. Una delle poche voci contrario alle nozze con Air France è quella di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl. “I francesi non vanno bene non perché siamo antifrancesi – argomenta – ma perché hanno detto di non volere nuove tratte e nuovi aerei: questo significa essere in una condizione di subalternità, fare la “Cenerentola” e questo non va bene. Se mettiamo a posto l’azienda possono esserci altri partner”.
BRUXELLES NEUTRALE (PER ORA)
Da parte sua, l’Unione Europea non poteva restare indifferente al grido d’allarme lanciato da British Airways: il suo atteggiamento però resta neutrale, in attesa di approfondimenti. “Solo quando avremo i dettagli dell’operazione potremo valutare la compatibilità con le normative europee”, spiega Antoine Colombani, portavoce del Commissario europeo alla concorrenza, Almunia. Bruxelles aspetta di esaminare le carte per sbilanciarsi: “Un elemento chiave è sapere se l’entità pubblica interviene come farebbe un investitore privato – considera Colombani –. Nei casi in cui lo fa, non siamo di fronte a un aiuto di Stato; se al contrario accorda un vantaggio a un operatore, allora la Commissione deve verificarne la compatibilità con le leggi”. Dubbi però arrivano anche da Sergio Boccadutri, deputato di Sel, che si chiede “se la parte on pagata dai capitani coraggiosi finirà per essere pagata da Posteitaliane, e quindi dallo Stato”.