Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2012

"Servono coraggio e un patto sociale. Non basta il rigore, investiamo sul futuro"

  - La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno

Qui all'unione industriali di Parma, dove gli imprenditori emiliano romagnoli si interrogano su come far ripartire crescita e investimenti, il direttore generale di Banca Intesa SanPaolo, Gaetano Miccichè, ha appena posto l’accento sui «cambiamenti epocali» intercorsi dal 2008 ad oggi. Intanto, però, da Roma e Milano arrivano notizie di un cambiamento, forse meno epocale, ma certo più pressante.
Direttore, come reagiranno i mercati alla fine del governo Monti?
«I mercati internazionali hanno molto apprezzato la sua politica di rigore e risanamento. Lo si è visto chiaramente con il ritorno degli investitori sui titoli del debito italiano e con la conseguente discesa degli spread. Questo significa aver ritrovato fiducia nell’Italia».
Appunto: e adesso?
«I mercati vogliono programmi chiari di medio-lungo periodo; del governo Monti hanno apprezzato proprio la prospettiva strategica, la via virtuosa. Già tutti sapevano, però, che l’orizzonte temporale di questo governo era limitato; adesso, al massimo, sarà accorciato di qualche settimana. Le elezioni ci sarebbero comunque state; per fortuna, aggiungo, perché la democrazia è indispensabile».
Non prevede tracolli, quindi?
«Il mio auspicio è che dalle urne esca una maggioranza chiara, che possa rassicurare i mercati sia sulla prosecuzione di una politica rigorosa, sia sul piano della crescita, dello sviluppo dell’economia».
Ritiene anche lei, come Berlusconi, che la cura Monti non abbia prodotto risultati e che oggi l’Italia stia peggio di un anno fa?
«Il rigore sulla finanza pubblica di Monti è stato corretto. Era quel che si doveva fare in quella fase. Oggi però si è innescata la spirale della recessione, dei bassi consumi e della disoccupazione. Dobbiamo uscirne; dobbiamo tornare a crescere e ad investire sul futuro».
Risorse pubbliche per stimolare l’economia non ce ne sono. Come si torna a crescere?
«Innovazione, dimensione, e internazionalizzazione delle imprese sono le tre chiavi per rilanciare il nostro tessuto industriale e l’intera economia. L’Italia attraversa un momento di grave difficoltà, ma ha l’occasione di fare sistema e ricostruire un nuovo patto sociale che permetta di raggiungere quei tre obiettivi. La fase più complessa è quella delle scelte: ci vuole coraggio, lungimiranza, capacità di indicare le priorità su cui investire e come. Il Paese deve avere il coraggio di scegliere le strade da intraprendere, pur avendo risorse scarse a livello pubblico, e presenti invece a livello privato, ma con poca fiducia e coraggio nel metterle in gioco».
Nel Paese sembra crescere l’insofferenza per i vincoli europei e addirittura il rifiuto della moneta unica. Le sembra che l’antieuropeismo sia un’opzione praticabile?
«No. Tutta l’area euro è sofferente, tutta confivide lo sforzo di riduzione dei deficit e dei debiti e tutta deve recuperare un livello di crescita accettabile. È dentro l’Europa, semmai, che bisogna ragionare correggendo quello che non va».
L’Unione bancaria, per esempio?
«Io sono favorevole ad un sistema bancario più interconnesso, con regole identiche e chiare. È il presupposto perché la concorrenza si sviluppi correttamente».


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