Rassegna stampa 2009
“Intesa non chiude i rubinetti del credito”
D. Gaetano Miccichè, capo della divisione corporate di Intesa Sanpaolo. Questa sera portate a teatro 300 imprenditori per convincerli che anche in tempi di crisi si può essere ottimisti. Una curiosità, mi spiega perché proprio a teatro?
R. «Lo scorso anno abbiamo concepito un'iniziativa analoga nell'ambito di una convention interna costruita intorno al tema dell'integrazione tra Intesa e Sanpaolo: i nostri colleghi della divisione corporate hanno messo su un vero e proprio spettacolo teatrale. L'esperimento è piaciuto, i risultati sono stati ottimi e abbiamo pensato di replicarlo all'esterno per comunicare chi siamo, cosa facciamo e cosa possiamo fare per le imprese nostre clienti».
D. Arrivate a Torino dopo varie tappe in giro per l'Italia. Nel 2008 questa è stata la città con il primato delle richieste di cassa integrazione. Siete sicuri di trovare un pubblico disposto all'ottimismo?
R. «Torino è una città fortemente industrializzata ed è ovvio che in una fase di crisi subisca contraccolpi più pesanti rispetto ad altre aree del paese . Quello che vogliamo dire è che la liquidità c'è, il credito c'è e noi non abbiamo mai fatto mancare il sostegno alle imprese. Poi, certo, abbiamo un dovere nei confronti di azionisti e risparmiatori di investire al meglio; non diamo soldi a chiunque li chieda ma a progetti seri e validi».
D. Avete partecipato alle trattative per il consolidamento del debito di Pininfarina. Possiamo dire che adesso l'azienda è stata "messa in sicurezza"?
R. «Pininfarina è una delle aziende più importanti del paese, uno dei simboli dello stile italiano. Le vicende drammatiche dell'estate scorsa (la scomparsa prematura dell'ad Andrea Pininfarina, ndr) hanno forse accelerato una situazione di crisi già esistente. Detto questo, ci è stato presentato un piano industriale serio e, insieme alle altre banche, abbiamo fatto quello che secondo noi andava fatto. Abbiamo semplicemente fatto il nostro dovere. Per considerarla in sicurezza dovremo però aspettare 12-18 mesi».
D. Qualche giorno fa si è partita la nuova Alitalia, vicenda che vi ha visto protagonisti non senza qualche polemica.
R. «Su questa vicenda si è già detto molto. Quello che vorrei sottolineare che in un momento economico come questo è nata una nuova società, un progetto che ha coinvolto 23 imprenditori che ci mettono i loro soldi, ha assunto 13 mila persone e ha messo a punto un piano industriale apprezzato da tutti i grandi operatori del settore. Al punto che uno di questi, Air France, ci ha anche investito direttamente per diventarne socio.
D. La stampa francese non ha mancato di ringraziare. Secondo alcuni commenti, in questo modo Jean-Cyril Spinetta (ad di Air France, ndr) ha risparmiato un sacco di soldi. Se l'avesse comprata ad aprile 2008 avrebbe speso molto di più dei 320 milioni pagati per il 25% e avrebbe preso anche i debiti.
R. «Scusi, ma chi dice che Air France se la sarebbe comprata? Per l'accordo di aprile, avevano posto una lunga serie di condizioni. Alla prima di queste condizioni si sono trovati di fronte un muro. Cai ha rilevato un'azienda dal fallimento, questa è la verità dei fatti. Senza l'operazione Cai, quelle 13 mila persone che adesso hanno un lavoro sarebbero per strada e l'Italia sarebbe l'unico Paese senza una compagnia di bandiera. Vedrà che intorno alla nuova Alitalia tornerà anche l'entusiasmo, dei dipendenti e dei clienti».
D. Altra grande partita che vi vede impegnati direttamente è quella di Telecom. Qualche ripensamento?
R. «No. Il settore nel 2008 ha avuto un anno difficile. Telecom ha rispettato i budget, i margini stanno tornando a migliorare e Franco Bernabè ha ridotto i costi».
D. E i debiti di Telco?
R. «I debiti di Telco scadono nel 2010, nel 2010 vedremo».
D. Alitalia, Telecom, ma anche Prada, Nh Hoteles, Esaote e decine di altre partecipazioni in imprese più o meno grandi. È sicuro che sia anche questo il lavoro di una banca?
R. “Guardi, abbiamo circa 60 partecipate dirette, più le partecipazioni indirette –attraverso i nostri fondi territoriali di private equity -, partecipiamo ai grandi fondi italiani e di alcuni siamo anche promotori. Partecipare all’equity delle aziende è un’importante area di profitto per la nostra banca; i risultati raggiunti in questi anni, in termini di ritorno dell’investimento, sono stati di grande soddisfazione. Inoltre essere a fianco di imprenditori che dimostrano coraggio nel mettere in pratica nuove idee e nuovi progetti vuol dire favorire la crescita del nostro Paese e promuovere la fiducia tra le banche e il mondo imprenditoriale. Aiutiamo così le imprese a crescere, a svilupparsi e anche a essere trasparenti, contribuendo a proporre e sostenere dei modelli di governance aperta. Credo che il lavoro di una grande banca sia anche questo”.