Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2008

Intesa Sanpaolo mette in scena la “fiducia”

  - Il Gazzettino

Banchieri e teatro. Non è la prima volta nella storia d'Italia che le due sfere si intersecano. A rinverdire questa esperienza ci ha pensato Intesa Sanpaolo, o meglio la sua divisione Corporate guidata da Gaetano Miccichè, siciliano, 57 anni che dal 2002 tiene le chiavi della cassaforte "top" dell'istituto: guida l'area grandi clienti, le aziende con un fatturato superiore ai 150 milioni di euro. Uno spettacolo itinerante. Toccherà tredici città. Venezia è la terza tappa. Con un obiettivo preciso: infondere fiducia. Michele Placido, Giorgio Albertazzi, Ivana Monti e altri volti noti del teatro hanno messo in scena "Racconto Italiano" dove uomini e donne, metafore di imprese e di sfide, raccontano ad uno sfiduciato e pessimista imperatore Adriano, un'Italia che si rimbocca le maniche. «Quotidianamente incontro imprenditori che hanno voglia di fare - spiega Miccichè – Questa pièce teatrale punta i riflettori sul Paese che crede nel futuro e non si rassegna al declino».
D. E il colosso Intesa Sanpaolo cosa fa per essere partner di queste aziende?
R. «Oggi gli istituti sono così grandi, le necessità della clientela così variegate che è necessario individuare macro aree all'interno delle quali operino professionalità organizzate per categorie di business. Per questo abbiamo individuato tre business.
Il primo è il retail, la Banca dei Tenitori, la divisione che contiene tutta la clientela, privati e piccole imprese. Poi c'è un'altra divisione che si chiama BUS Segue gli enti locali e chi opera con la pubblica amministrazione. Infine c'è la divisione Corporate e Investment Banking che oggi vede impegnate circa 4 mila persone. Abbiamo una quarantina di centri sul territorio nazionale e siamo presenti in 34 Paesi con banche o filiali».
D. Cosa fa la Corporate?
R. «Anche innovazione. Abbiamo creato una sezione business innovation. Abbiamo trovato all'interno della nostra organizzazione una cinquantina di colleghi giovani del middle management e li mandiamo in giro per il mondo a visitare aziende leader che possano rappresentare un modello. Sono andati in Microsoft, Nike, Cisco, Ferrari... L'obiettivo è di estendere queste esperienze. Ma nel complesso la nostra attività consiste nell'assistere una clientela particolare, le industrie con più di 150 milioni di fatturato attraverso una rete specialistica e con una serie di prodotti specifici».
D. Una grande banca deve fungere da intelaiatura del sistema Italia. Deve dotare le imprese di strumenti per fronteggiare le sfide della globalizzazione?
R. “Non c'è dubbio. Noi forniamo mezzi per permettere alle aziende di crescere, di raggiungere fatturati maggiori, attraverso l'innovazione di processo, di prodotto o l'internazionalizzazione del business, o facendo joint venture in giro per il mondo oppure andando direttamente ad acquistare altre imprese in Italia e all'estero».
D. Entrate anche nel capitale?
R. «Sì, questa è un' area di business della banca, anzi è uno dei più importanti centri di profitto».
D. Non temete conflitti di interesse? C'è il rischio di commistione tra industria e banca?
R. «No innanzitutto perché abbiamo partecipazioni di minoranza. La logica del nostro intervento è accompagnare volta per volta imprenditori che hanno progetti sani e credibili di crescita e consentire loro di realizzarli nei tempi più rapidi possibili,
L'equity, ossia il denaro che mettiamo, assieme agli imprenditori, non ha solo una valenza "monetaria". Spesso, ed è questa la funzione più importante, serve ad infondere coraggio. Crea attese positive attorno all'imprenditore. Fornitori, clienti, gli stessi dipendenti, hanno più fiducia se vedono che un grande gruppo appoggia questi progetti. La nostra non è una logica assistenzialista, non investiamo a fondo perduto, ma perché crediamo nell'iniziativa e sappiamo che dopo un certo numero di anni usciremo dal capitale con un profitto».
D. Come è piazzato il Triveneto nel rischio della globalizzazione?
R. «E' una delle aree, assieme all'Emilia e alla Lombardia, più capaci di performare e dove il livello di cultura imprenditoriale è superiore alla media del Paese. Sarà anche per un fatto geografico di vicinanza ad alcune delle migliori esperienze mitteleuropee. Se noi guardiamo ai rapporti equity – debito che sono significativi ì per capire quanto l'imprenditore rischia del proprio, li Triveneto eccelle. Io sono molto ottimista perché veniamo da anni non proprio generosi e, nonostante tutto, le aziende sono riuscite comunque a crescere ad aumentare le esportazioni».
D. Perché dice che veniamo da anni non generosi?
R. L'unico aspetto "generoso ' è stato il costo del denaro molto basso. Quanto al resto, il sistema Paese non ha fatto molti passi avanti, dal fisco alle infrastrutture, alla lentezza legislativa, all'incertezza che talvolta è ancora peggio. Sono mancate iniziative corrette in campo ambientale ed energetico: il blocco degli inceneritori, dei rigassificatori... ».
D. Ma non le sembra che lo scenario globale si stia deteriorando? Lievitano i costi dell'energia, delle materie prime. C'è questo spettro della crisi dei mutui subprime di cui non si riescono a capire le dimensioni...
R. «Guardi, i mutui subprime sono un non problema. Noi in Italia viviamo una realtà molto differente. Negli Usa si sono consentiti prestiti con valutazioni molto generose degli asset in presenza di redditi incerti. In Italia non accade. I criteri sono molto più rigidi. Fermo restando che l'aumento dei tassi di interesse crea qualche problema. C'è una diversa propensione alla crescita. Quest’ anno il Pil salirà di un numero molto vicino allo zero. Quando qualche anno fa facevamo 1,2 - 1,5% di crescita eravamo già considerati fanalino di coda. Oggi l'Europa cresce pochissimo e noi ancora meno. Però non sono pessimista. Se si rimette in moto un sistema di fiducia complessivo e se c'è rapidità di intervento sul piano legislativo, non vedo fondamentali elementi di preoccupazione. Non abbiamo segnali di peggioramento del credito, né di aumenti delle insolvenze».
D. A Nordest avete fatto l'operazione Jolly Hotel - Joker con l'obiettivo di costruire la più grande catena alberghiera d'Italia. Questa attenzione al turismo si collega all'ipotesi che Intesa Sanpaolo partecipi al salvataggio di Alitalia?
R. «Non c'è una correlazione. Noi tentiamo di fare tutte le operazioni, anche quelle più difficili. Intesa Sanpaolo è una grande banca in un Paese dove spesso manca l'equity necessario per rilanciare le aziende strategiche. Questo ci ha spinto a prendere posizione. Lo abbiamo fatto in Piaggio, Lucchini, Fiat, Edison».

 


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