Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2007

Parola magica: discontinuità

  - Panorama Economy

Dei 18 milioni di clienti di Intesa Sanpaolo - in Italia e all'estero - la stragrande maggioranza delle imprese italiane grandi e medie, circa 20 mila, gli appartiene. Di sua stretta ed esclusiva competenza è tutto il corporate banking, che contiene le relazioni con le imprese, i prodotti e i servizi di advisory, investment banking, private equity, finanza strutturata, capital market, ma anche la rete estera in Asia, Europa, nell'area del Mediterraneo e in America. Insomma un «impero bancario» che Corrado Passera, amministratore delegato del nuovo gruppo, gli ha affidato cinque anni fa. Oggi Gaetano Miccichè, 56 anni, a capo della Divisione Corporate e Investment banking di Intesa Sanpaolo e presidente di Banca Imi, può essere tranquillamente considerato l'uomo-chiave di tutti i dossier più importanti e delicati, destinati a segnare lo sviluppo della «Corporate Italy»; il sistema-Italia con il suo reticolato di aziende che cercano nuovi spazi e nuovi business nel gran mare dei mercati globali, ma anche con una forte presenza di aziende pubbliche che debbono, prima o poi, imboccare la difficile strada della privatizzazione. Per esempio, l'Alitalia.
D. A novembre la smentita, a dicembre una mezza conferma. Oggi si può dire che in questo ufficio della Divisione Corporate e Investment banking di Intesa Sanpaolo nascerà la cordata italiana destinata a salvare la compagnia di bandiera?
R. Non posso e non voglio parlare dei dossier che riguardano singole aziende. Posso dire però, con l'esperienza di chi si occupa di aziende e di finanza aziendale, che l'unico modo per aiutare Alitalia è avviare un processo di forte e radicale discontinuità con il passato.
D. Discontinuità è un termine che in queste settimane hanno usato in tanti, politici e manager. Che cosa vuol dire, in concreto?
R. Vuol dire fare esattamente il contrario di quanto si è fatto fin ora
D. Vuol dire anche che 19 mila dipendenti sono troppi…
R. Basta fare il confronto con le altre compagnie.
D. È questo che dirà ai soci della cordata italiana che si siederanno attorno a questo tavolo rotondo?
R. Attorno a questo tavolo si sono seduti imprenditori di gran nome e imprenditori sconosciuti, ma pieni di energia e di coraggio. A tutti faccio sempre lo stesso discorso.
D. Sentiamolo
R. Presento le peculiarità dell'assistenza che la Divisione Corporate e Investment banking può offrire, puntando sempre a mantenere relazioni nel medio e lungo periodo e a sostenere progetti seri presentati da imprenditori credibili.
D. E i suoi argomenti risultano talmente convincenti che molte imprese la fanno entrare nel capitale...
R. Vi è di certo la disponibilità della banca a valutare, o direttamente o attraverso fondi di private equity partecipati, possibili interventi anche nel capitale delle aziende clienti. È tipicamente il mestiere del merchant banking e del private equity. In particolare il private equity, prodotto che lo scorso anno - solo in Banca Intesa - ha visto raggiungere una massa di investimenti per 2 miliardi di euro, è oggi lo strumento utilizzato per realizzare le più importanti acquisizioni non solo in Italia ma in tutte le parti del mondo.
D. Solitamente però questi tipi di intervento sono limitati nel tempo. Gli investimenti dei principali fondi di private equity non superano i quattro-cinque anni.
R. Il nostro principale dovere è quello di accompagnare, passo passo, la crescita di un'azienda fornendole le risorse necessarie a raggiungere gli obiettivi prefissati, in presenza, mi scusi se insisto su questo aspetto, di progetti imprenditoriali seri. Quando con l'amministratore delegato Corrado Passera si decide di affiancare un imprenditore, si considera prima di tutto il progetto e la sua consistenza in uno scenario di medio e lungo periodo.
D. Lo avete fatto con Esaote, con Sigma-Tau, con Piaggio, con Prada, con i Cantieri del Pardo, con Grande Jolly... insomma con il meglio del made in Italy.
R. Sono tutte storie di successo che, confesso, ci danno molta soddisfazione. Il caso Esaote, per esempio, una delle eccellenze italiane nel biomedicale: se non fossimo intervenuti, oggi sarebbe una divisione di qualche multinazionale estera e non quella importante realtà che è e che, in un futuro non troppo lontano, speriamo di poter accompagnare in Borsa.
D. Però può succedere che lo screening non funzioni. A volte i banchieri sono accusati di non saper distinguere il grano dal loglio, il buono dal cattivo.
R. Come sempre, si possono anche commettere degli errori. L'importante è operare sempre in buona fede e con il supporto di dati tecnici e di valide motivazioni a supporto del proprio operato. Ritengo comunque che, quando ci si trova di fronte a casi di criminalità finanziaria, sia realmente molto difficile difendersi.
D. Torniamo all'attualità, cioè alla riorganizzazione del suo gruppo bancario. Lei è stato nominato presidente di Banca Imi e quest'ultima è entrata nel suo perimetro di controllo. Che cosa succederà adesso anche nell'ottica di integrazione con Caboto?
R. Banca Imi rappresenta una delle storiche e più importanti presenze italiane nel campo dell'investment banking e del capital market. La nostra divisione potrà quindi beneficiare oltre che delle professionalità di Caboto anche di quelle presenti in Banca Imi. Le due società, che si provvederà a integrare il più rapidamente possibile, daranno vita alla più importante realtà del settore che contribuirà allo sviluppo delle aziende del Paese e al classamento dei loro prodotti sui mercati nazionali e internazionali.


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