Rassegna stampa 2007
E adesso punto su Banca Imi
«La nostra forza è nelle 20 mila imprese clienti che seguiamo ogni giorno, con relazioni di lungo periodo, attraverso 28 centri corporate sul territorio e un network in 34 Paesi tra Europa, America e Asia: un sistema produttivo che accompagniamo in tutte le esigenze, dal credito ordinario al supporto che tipicamente può dare una banca d'affari». Gaetano Miccichè, 57 anni, da cinque in piazza Scala dove guida la divisione corporate di Intesa Sanpaolo (3 miliardi di proventi operativi, 80 di impieghi), è il regista di molte operazioni da prima pagina di industria e finanza.
Dal suo ufficio (quello che è stato di Enrico Beneduce) passano i dossier Telecom, Alitalia, Edison, la fusione Aem-Asm, l'asta sulle torri Wind-H3g. E, ancora: Fiat, Piaggio, Impregilo, i gruppi del settore moda. Un playmaker al comando di oltre 4 mila persone («con le professionalità espresse tra l'altro da Comit, Caboto e Imi, tre brand storici della banca d'impresa») che hanno ì clienti al centro di tutto. E dove convivono le due anime del credito ordinario e dell'investment banking, quest'ultimo concentrato assieme al capital market nella nuova Banca Imi. «Presto vi conferiremo anche il merchant banking con un portafoglio di investimenti equity di circa 3 miliardi», anticipa Miccichè. Dal 10,9% Telco alle quote in Prada, Pirelli tyre, Nh-Jolly, Esaote, Granarolo, Sigma Tau. In questa intervista racconta obiettivi e moduo organizzativo messo a punto al fianco del ceo Corrado Passera («ci siamo conosciuti vent’anni fa nel cda Rodriquez, io direttore finanza e lui in rappresentanza della Sabaudia di Carlo De Benedetti»), dopo gli anni d'esordio in banca, l'Mba con professori come Demattè, Brugger, Coda e le esperienze di ristrutturazione in Cameli-Gerolimich, Santavaleria e Olcese che gli hanno dato una profonda conoscenza delle tematiche societarie, l'attitudine al pragmatismo, la tempestività degli interventi.
DOMANDA. Circa 80 miliardi di crediti e relazioni con oltre 20 mila clienti. Che cosa significa?
RISPOSTA. Vuol dire seguire le aziende non solo in tutte le tradizionali esigenze di finanziamento, ma anche con un approccio da partner, cioè di chi tende ad approfondire la conoscenza col cliente e il settore in cui opera. Uno dei nostri leitmotiv è creare positività e coraggio negli imprenditori, aiutandoli a realizzare i sogni talvolta chiusi in un cassetto. Qui entra in campo l'investment banking: esame delle opportunità di crescita, advisory e finanza strutturata per operazioni di sviluppo e merger tra aziende. L'obiettivo è privilegiare sempre il rapporto di lungo periodo senza ritirare il sostegno della banca alla prima difficoltà. E senza cedere a costruzioni finanziarie effimere e dannose per il cliente.
D. Prendete anche delle partecipazioni.
R. Sì, facciamo investimenti equity attraverso la direzione merchant banking, che presto verrà conferita a Banca Imi con un portafoglio ricco di partecipazioni. Intesa Sanpaolo è la banca che più si è caratterizzata per la disponibilità ad affiancare gli imprenditori con progetti validi, anche per motivare e infondere fiducia. Spesso accompagnamo le aziende in Borsa, dove mettiamo in campo l'equity capital market Banca Imi che ha un track record di leadership.
D. Ma logica di profitto, salvataggi e solidarietà di sistema vanno d'accordo?
R. Non facciamo mai assistenzialismo. Ogni investimento viene deciso con una rigorosa istruttoria su business plan e ritorni finanziari. Ma se Intesa, come del resto altri, non si fosse impegnata in Fiat, Piaggio, Prada, Impregilo, Lucchini e tante altre realtà, quelle società avrebbero avuto destini diversi. In Piaggio, azienda con 4 mila dipendenti in Italia e un indotto importante, abbiamo scommesso sulle capacità imprenditoriali di Roberto Colaninno, messo d'accordo decine di banche e favorito un turnaround che ha poi determinato una ipo di successo. Dove c'è management capace, prodotti competitivi, know how e ricerca siamo sempre disposti a essere in prima fila. È lo spirito con cui abbiamo promosso un consorzio di azionisti per tenere in Italia la Esaote, che rischiava di diventare una divisione di un grande gruppo internazionale.
D. Anche per Telecom o Alitalia è in campo l’interesse del Paese?
R. Telco è per il 58% di quattro soci italiani. C'è poi un operatore, Telefonica, che ha investito 2,4 miliardi cash e potrà portare idee industriali valide, nel rispetto delle regole di governance che ci siamo dati. I risultati li vedremo e sono certo che si è realizzata un'operazione positiva, in primo luogo per l'azienda e poi per tutti gli investitori.
D. Con Mediobanca siete destinati a scontrarvi e a collaborare?
R. Assieme a Corrado Passera ho un eccellente rapporto con il management. Ho avuto modo di conoscere e apprezzare lo stile di Mediobanca anche dagli incontri che di tanto in tanto avevo con Enrico Cuccia. Ovviamente, così come con tutte le altre banche d’affari presenti in Italia, siamo in continua competizione per proporre le migliori idee e soluzioni a ogni problema industriale senza mai avere però come primo obiettivo le fees, elemento che spesso caratterizza gli interventi di banche internazionali.
D. E cioè?
R. La cultura di certe banche estere di un'esasperata ricerca del profitto non ci appartiene. Noi guardiamo agli interessi dei soci ma anche alla crescita dell'impresa e alle ripercussioni sul territorio.
D. Lavorate spesso con Banca Leonardo. Ci saranno sviluppi più stretti?
R. Gerardo Braggiotti è stato advisor di alcune grandi operazioni di Intesa Sanpaolo. Abbiamo un rapporto consolidato già da diversi anni e tuttora lavoriamo molto bene assieme. Bisogna dargli merito della realtà che ha costruito nell'advisory, private banking e capital market.