Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2006

La moda è in forma ma non chieda dazi

  - Milano Finanza Fashion

Potrebbe continuare a crescere, il settore della moda in Italia. Dovrebbe, anzi, continuare a crescere. Gli indicatori sono tutti positivi, dice a MFF Gaetano Miccichè, responsabile corporate di Banca Intesa, e lo sono sia a livello di realtà del mercato interno e di potenzialità sui mercati internazionali, sia a livello di singole imprese. Certo, non tutte stanno ottenendo gli stessi risultati, e per “chi non ha saputo innovare” la razionalizzazione, termine politicamente corretto per definire la scomparsa, sarà inevitabile. I dazi? Palliativi. Inutili. Troppa la competizione, troppe le sollecitazioni da parte di un mercato mondiale che sarà sempre più difficile arginare con frontiere fittizie. Meglio, piuttosto, lavorare sull’eccellenza, e su relazioni commerciali-politiche che favoriscano l’adozione di standard univoci anche in tema di tutela del lavoro. Miccichè parla la lingua del Wto, che non è già più, se mai lo è stata, quella dell’Europa che preme sul commissario Peter Mandelson per prolungare misure protezionistiche su beni spesso solo apparentemente legati alla produzione locale. È ancora a Shanghai con la immane delegazione italiana che ha seguito Romano Prodi nella missione in Cina, Miccichè, nel momento in cui si svolge questa intervista. Nella più ricca delle città-provincia cinesi mancano pochi minuti a una cena ufficiale, quando il manager bancario forse più vicino al pensiero di Corrado Passera, complice un ponte telefonico che crepita, spesso si interrompe e sempre deforma la voce (a dimostrazione che la telefonia satellitare può solo migliorare…), si definisce “più che ottimista” sul futuro della moda italiana.
D. I fattori di crescita, dunque, sono tutti evidenti e ascrivibili a una ripresa di competitività del prodotto italiano?
R. Direi di sì. Gli elementi positivi, o per meglio dire quelli che fanno prevedere un futuro ancora di crescita, sono essenzialmente tre. Il primo: la moda italiana sta mantenendo buoni ritmi di crescita dei fatturati, riuscendo a recuperare anche a livello di margini economici. Al di là di alcune importanti conferme (Armani, Valentino, Dolce e Gabbana), si nota il ritorno a valori positivi di altre aziende che negli ultimi tempi avevano attraversato alcune difficoltà, quali per esempio Versace.
D. Versace rappresenta, probabilmente, il caso da manuale di questa seconda parte dell’anno. E immagino che lei tenga particolarmente a sottolinearlo, dato il ruolo apparentemente defilato ma in realtà di primo piano che Banca Intesa ha giocato nel turn around dell’azienda.
R. Siamo particolarmente soddisfatti di aver contribuito, per quanto una Banca possa fare, al ritorno a numeri positivi di Versace. Ma i principali artefici sono stati gli azionisti che hanno individuato precise strategie operative e il manager da loro individuato, Giancarlo Di Risio, che le ha sapute realizzare. Ho parlato con Di Risio di recente, mi pare che la maison abbia progetti ambiziosi, ma sicuramente giustificati dalla nuova realtà. Ma sono molte le aziende italiane che godono di una fase espansiva.
D. Il secondo punto a favore della crescita?
R. Nel corso di quest’anno, tutte le aziende hanno migliorato la propria distribuzione, rafforzando in particolare la rete diretta, con un maggiore controllo della reddittività dei prodotti.
D. Che sta tornando a essere un asset e non un minus come tanti hanno ritenuto per anni.
R. Appunto. Anche ciò diventa elemento distintivo che aggiunge solidità al valore dell’impresa. Il terzo punto a favore del mantenimento della crescita sono invece le opportunità offerte dai nuovi mercati. La missione in Cina lo ha dimostrato.
D. Beh, lo scenario cinese ha mostrato di essere molto controverso, soprattutto negli ultimi anni. La mancanza di reciprocità nei rapporti commerciali, i molti punti oscuri sul mercato del lavoro, la battaglia sui dazi, giusta o meno che sia.
R. La Cina è e sarà sempre di più una delle grandi opportunità per il prodotto italiano. India e Cina valgono insieme un terzo della popolazione mondiale, sono un bacino fondamentale per l’espansione del prodotto e della cultura del prodotto italiano nel futuro. Ma i nuovi mercati vanno approcciati con una logica positiva. Parlare adesso di dazi, perseguire adesso una politica protezionista sulle merci e sui beni significa giocare fuoritempo. Questi paesi si occidentalizzeranno, lo stanno facendo anche nelle logiche industriali…Col tempo, un tempo non lontanissimo a mio giudizio, arriveranno a una diversa valutazione delle logiche del lavoro e a una progressiva armonizzazione delle retribuzioni. Gli imprenditori dovrebbero rendersi conto, che la competizione si fa sul prodotto, innovando e investendo, non cercando protezioni fittizie.
D. Per molti, e parlo del settore calzaturiero che è sostanzialmente rimasto l’unico a chiedere dazi e protezioni, questo significherà chiudere. Non tutti hanno tempo, capacità o volontà di innovare. O di guardare all’estero. O, magari, di fare ricorso agli strumenti finanziari che potrebbero aiutarli nella crescita. Lo scarso rapporto fra la moda e il sistema bancario è così antico e radicato che ogni operazione significativa portata a termine negli ultimi anni ha avuto il sapore del miracolo.
R. In parte forse lo stesso sistema bancario ha avuto in passato dei limiti, riconducibili alla sua scarsa capacità di comunicare e di proporsi con un ruolo più ampio, che non è certo solo quello di finanziatore. La banche devono avere la capacità di fare scouting, di “scovare sul territorio i campioni del futuro” come dice spesso Passera: ed oggi noi lo stiamo facendo. Il famoso “fare sistema” di cui sento parlare da decenni è anche questo.
D. Per anni, l’imprenditore che avesse voluto trovare un appoggio all’estero, e parlo in particolare dei paesi asiatici, faticava a trovarlo fra gli Istituti Italiani…Ricordo una presenza storica della Bnl in Vietnam, e a Hong Kong…Ora, superati gli inevitabili impasse della maxi-fusione col Sanpaolo, Banca Intesa avrà una rete interessante, dunque un supporto locale forte, anche nell’est asiatico?
R. In buona parte c’era già. Con la fusione ovviamente ci rafforzeremo a Shanghai, Beijing, Hong Kong e Tokyo. Ma, al di là dell’espansione, della presenza sui mercati esteri, oggi le banche hanno strumenti potenti per chi vuole aprirsi al mercato.


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