Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2015

Intervista a Gaetano Miccichè - Intesa scommette sulla farmaceutica «Imprese ok, aiutiamole a crescere»

  - Giorno - Carlino - Nazione

Intesa scommette sulla farmaceutica «Imprese ok, aiutiamole a crescere» Il direttore generale Miccichè: basta autolesionismo, l'Italia è credibile da domani a domenica Bologna ospita il «Festival della scienza medica. La lunga vita", organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio. Venerdì, tavola rotonda sul tema «Aggregarsi per crescere. La salute nel mondo globale» con Gaetano Miccichè, direttore generale di Intesa Sanpaolo, Carlo Rosa (ceo di DiaSorin), Franco Moscetti (ceo di Amplifon), Stefano Golinelli (ad di Alfa Wassermann), Massimo Scaccabarozzi (presidente di Farmindustria) e Raffaele Stefanelli (ad di Boston Scientific Italia). POSTE IN BORSA «Si andrà sul mercato nel secondo semestre. Caio è la persona giusta» Davide Nitrosi • MILANO NELL'ITALIA che vuole ripartire c'è un settore che brilla da tempo, quello dell'healthcare: farmaceutica, sanitaria, biomedicale. «Uno dei settori industriali con i più alti tassi di modernità e innovazione. E con imrese molto ben capitalirrate e consce che la loro attività è legata a ricerca e innovazione a differenza di altri settori italiani».

Gaetano Miccichè, direttore generale di Intesa Sanpaolo e vicepresidente di Banca Imi, ha un osservatorio speciale sul settore dell'industria farmaceutica italiana. «Incontrando questi imprenditori — racconta — ho conosciuto persone di il direttore generale Gaetano Miccichè LE POPOLARI «C'è posto per nuovi attori fra i due grandi gruppi e il sistema di medie banche» elevata qualità, con attitudine internazionale. Sono aziende che finanziamo meno di quanto vorremmo perché hanno meno bisogno della banca rispetto ad altri. Noi però cerchiamo di sostenerle in tutte le aree, dalla ricerca agli investimenti produttivi fino alle acquisizioni, supportandole con la nostra rete di filiali e banche internazionali». In Italiaerò le aziende del settore farmaceutico sono spesso guidate da gruppi familiari coesi ma che restano lontani dalla Borsa. Non è una debolezza? «La quotazione in Borsa non è una strada obbligata. Società come Menarini, ad esempio, non hanno pro- 0 L'interesse Il dossier Mediaset-Vivendi «Ammesso che esista, ci farebbe piacere occuparcene. Seguiamo Fininvest in tutte le sue compagini e sono certo che, se si realizzassero operazioni cross-border, saremo presenti» ff La partita delle Tic In uno scenario normale non si capisce come non si possa trovare un accordo fra Telecom e Metroweb blemi di capitalizzazione o cambio generazionale. La nuova generazione degli Aleotti è molto unita e la famiglia ha ampie disponibilità: la non quotazione è una scelta che trova in queste ragioni la sua logica». Resta la necessità di consolidare le dimensioni rispetto alle dinamiche internazionali.

Se pensiamo al risiko delle Big Pharma... «La realtà delle Big Pharma è davvero un altro mondo, con dimensioni diverse. L'Italia a suo tempo era arrivata ad essere la quinta potenza industriale del mondo, ma oggi le dimensioni delle nostre principali aziende sono insufficienti. Le società tedesche hanno fattu *** rati che sono 6 o 7 volte superiori rispetto alle italiane che operano nello stesso settore. Per citarne uno, la grande distribuzione».

Le dimensioni ridotte sono un ostacolo da superare? «Non direi un ostacolo, ma di certo crescere oltre un certo limite non è uno degli obiettivi principali dei nostri imprenditori. Il capitalismo familiare però ha una sua positività. Quando ci sono famiglie con notevoli patrimoni alla guida di gruppi che fanno utili eccellenti, perché rinunciare ad autonomia e indipendenza decisionale?». 

Quali sono le aziende più audaci nel settore dell'healthcare? «Alfa Wassermann, Chiesi, DiaSorin, solo per citarne alcune, sono sicuramente dei player riconosciuti in Italia e all'estero per l'eccellenza della loro ricerca».

Le regole fiscali differenti sono un gap per le aziende italiane? Per farla breve, portare l'azienda in Olanda ha un senso? «No, tra i nostri clienti non è mai emersa questa tematica. Piuttosto, visto che una percentuale significativa del loro fatturato si realizza all'estero, l'idea è di sviluppare centri di produzione internazionali». Sempre che gli stranieri non entrino nelle aziende italiane... «È inutile nascondere come sia sempre più probabile che le aziende italiane siano più prede che predatori. Del resto, questo è un fenomeno che riguarda diversi settori».

La debolezza del Sistema ItaII padiglione di Intesa Sanpaolo all'Expo di Milano. lia pesa sulle operazioni all'estero? «Non credo che il nostro Paese rappresenti un limite e di questo ho evidenza nelle nostre attività a livello internazionale. L'Italia all'estero ha una credibilità migliore di quanto venga percepito al suo interno. Qui c'è una sorta di autolesionismo, ci piace autocommiserarci. Il limite piuttosto, come detto, sta nelle dimensioni delle nostre aziende». Il gap con gli altri paesi europei però emerge in vicende come Telecom-Metroweb... «Abbiamo un'azienda nazionale di fondamentale importanza come Telecom che possiede le reti e vuole investire in quelle di nuova generazione. E abbiamo Cdp che è direttamente e indirettamente proprietaria di Metroweb, azienda che già investe, comunque con merci limitati, in questo settore. In uno scenario normale non si comprende come non si trovi un accordo fra il grande operatore privato e il piccolo operatore. Queste due realtà potrebbero trovare punti d'incontro per sviluppare un progetto industriale comune e accelerare così la realizzazione dell'innovatività di rete nel nostro Paese». Altro caso: Poste. Procede verso la Ipo eppure lo Stato chiede un dividendo maggiore dell'utile. «Nel 2014 il risultato di Poste è stato penalizzato da una serie di accantonamenti. Poste è azienda brillante. Noi siamo global coordinatorper la quotazione. Penso che si andrà sul mercato nel secondo semestre dell'anno. Caio ha dato sinora ampia dimostrazione della sua competenza, è la persona giusta per creare fiducia fra gli investitori». Mediaset-Vivendi è il grande dossier atteso dai mercati... «Ammesso che questo dossier esista, ci farebbe piacere occuparcene. Seguiamo il gruppo Fininvest in tutte le sue compagini e sono certo che, nel caso si realizzassero operazioni cross-border, noi saremo presenti».

Capitolo banche popolari. Arriveranno i predatori stranieri? «Il Paese ha bisogno di una pluralità di attori. Non possono esserci solo Intesa e UniCredit e poi un sistema di medie e piccole banche». Intesa non teme altri stranieri sul mercato italiano quindi? «Il 60% del nostro azionariato è rappresentato da fondi internazionali. I casi Cariparma-Crédit Agricole e Bnl-Bnp, sono storie positive. Sono gruppi sani, brillanti, che competono con noi, con eccellenti manager. La competizione stimola il nostro continuo miglioramento organizzativo e professionale». La presenza massiccia di fondi internazionali potrà cambiare il modo di fare banca di Intesa? «Noi siamo un'eccellente banca con eccellenti risultati. Sono convinto che riusciremo a rispettare gli obiettivi che il nostro ceo Carlo Messina sta realizzando grazie all'impegno di tutti i nostri collaboratori: questa sarà la migliore conferma che il nostro modello di business è valido e sostenibile. E immagino che i nostri azionisti ne saranno felici».


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