Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2010

“Le piccole imprese così soffrono sgravi fiscali per chi si aggrega”

  - La Repubblica

MILANO—Gaetano Miccichè, direttore generale di Intesa Sanpaolo, è un banchiere atipico. Ha un passato industriale, non è per nulla «strafigo» (direbbe il suo ad, Corrado Passera) ma la sua banca d'investimento - Imi – guadagna 500 milioni l'anno. Ed è al contempo il primo prestatore di soldi del paese, guidando il settore crediti "Corporate" di Ca' de Sass.
D. Quanto sono in crisi le imprese italiane oggi?
R. «Distinguerei nettamente tra aziende sopra i 500 milioni annui di ricavi e le altre. Le prime hanno quasi sempre sbocchi internazionali, possono finanziarsi a livelli quasi pre-crisi e operano su mercati che crescono, come Asia e Sudamerica. Ben diverso è per le aziende medio-piccole che in Italia soffrono per ridotte dimensioni e sotto capitalizzazione. E vanno accompagnate per un sentiero virtuoso che le proietti oltre i canoni familiari riequilibrando il rapporto tra mezzi propri e di terzi. Non a caso il tema degli accantonamenti bancari, cresciuti in maniera importante, riguarda soprattutto i prestiti alle Pmi».
D. Con le nuove regole di Basilea 3 andrà peggio. Darete meno credito?
R. «Premesso che lntesa Sanpaolo già affida il sistema Italia per circa 500 miliardi, di cui il 25-30% non è utilizzato, e che il sogno di ogni banchiere è quello di accrescere gli impieghi, Basilea 3 ci porrà maggiori vincoli. Servirà distinguere meglio i rischi, e/o garantirli in modo da ridurre il costo del capitale e proseguire nel rafforzamento del patrimonio puntando anche a valorizzare asset non strategici».
D. C'è un identikit dell'impresa che merita credito?
R. «Non farei distinzioni a priori. In ogni settore vi sono aziende più o meno sane, manager e imprenditori più o meno bravi. Noi vogliamo esserci, anche nei casi non facili. Quando Fiat, Edison, Impregilo, Lucchini, Prada, Piaggio, Granarolo, Safilo, Risanamento, per citarne alcune, si sono trovate in situazioni competitive e strutturali complesse, Intesa Sanpaolo è stata al loro fianco. In presenza di progetti seri e imprenditori validi facciamo di tutto per intervenire».
D. Cos'ha fatto il governo per le aziende in difficoltà, e cosa deve fare?
R. «Il governo ha spinto tra l'altro per il fondo Pmi, dove alcune banche, tra cui la nostra, e Cassa Depositi hanno investito 250 milioni ciascuno per intervenire su imprese con fatturati da 10 a 100 milioni e favorirne crescita e aggregazioni. Un'iniziativa egregia in cui il Tesoro è stato decisivo. Credo che oggi in Italia serva comunque aumentare la fiducia nel futuro degli imprenditori. Il governo potrebbe intervenire sulla fiscalità degli utili di aziende che aumentano il patrimonio e migliorano la struttura competitiva tramite integrazioni. Sarebbe un incentivo importante al coraggio e all'ottimismo».
D. La crescita di Imi, di cui lei è ad, ne fa una colonna di Intesa Sanpaolo. È in atto un riposizionamento strategico o è un effetto indotto dalla debolezza delle attività sul territorio guidate dall'altro da Marco Morelli?
R. «Ciò dipende dall'obiettiva situazione dei mercati per via dei tassi ai minimi storici, ma non cambia di certo la nostra vocazione di banca commerciale. Il nostro obiettivo è offrire a tutte le tipologie di clienti reti, prodotti e professionalità che possano contribuire alloro sviluppo. Nel piano industriale cercheremo di realizzare, anche nel Corporate, ulteriore crescita attraverso una maggior attenzione alla clientela che opera con l'estero. Certo, se nel prossimo biennio potessimo unire le attuali performance di Imi e dei Corporate a quelle del retail pre-crisi, avremmo raggiunto il traguardo più ambito».
D. Ma puntare su Imi non aumenta le prospettive di rischio del grappo, e il bisogno di capitale al servizio di trading e investment banking?
R. «Banca Imi ha il 95% delle attività valutate a prezzi di mercato, non fa certo speculazioni finanziarie. Il capital market di Imi non fa altro che operare nel campo dei titoli, azioni e bond, servendo tutta la clientela del gruppo – anche le 6mila filiali sul territorio - e di terzi, tramite la piattaforma "MarketHub". Il successo di lmi si basa su tre fattori: la solidità patrimoniale di Intesa Sanpaolo, la vendita di prodotti infragruppo e, soprattutto, un management coeso con valori comuni e obiettivi di medio-lungo periodo. Con queste premesse, Imi è pronta a valutare opportunità di crescita esterna, benché oggi non siano allo studio».
D. Come va il rilancio d iAlitalia? È vero che brucia cassa e non potrà star sola a lungo?
R. «Alitalia performa meglio delle rivali e del previsto; sta in piedi da sola e a oggi non ha nessun bisogno di cercare integrazioni o altro. Ma nel settore non v'è dubbio che si vada in cerca di sinergie internazionali. Siamo azionisti da meno di due anni, tranquilli, soddisfatti e per niente preoccupati».
D. Dopodomani si apre il periodo finestra per disdettare il patto nella holding di Telecom Italia. Prevede cambiamenti? E per il management delle tlc, al rinnovo in primavera?
R. «La mia sensazione è che non succederà nulla e il patto Telco proseguirà almeno fino al 2013. Come azionisti siamo soddisfatti dell'andamento dell'azienda. Sul cda deciderà l'assemblea 2011: ma a nostro avviso Galateri, Bernabò e tutto il management stanno lavorando molto bene».

 

 

 


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