Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2009

“Il vero problema sono le aziende sottocapitalizzate”

  - Il Sole 24 Ore

II ruolo delle banche? «Sostenere le società con progetti seri e imprenditori validi» ma senza regalare soldi a nessuno. Il tallone d'Achille di molte aziende del paese? «La sottocapitalizzazione». I tempi d'uscita delle banche dal capitale delle imprese? «Due o tre anni». Gaetano Miccichè, amministratore delegato di Banca Imi e responsabile della divisione corporate di Intesa Sanpaolo, negli ultimi 12 mesi è stato uno dei banchieri più impegnati ad arginare la crisi che ha investito l'Italia e in questo colloquio con II Sole 24 Ore spiega la filosofia degli ultimi salvataggi e risponde, difendendo l'operato di Ca' de Sass, a chi ha messo in discussione l'ingresso delle banche nel capitale delle aziende. Aggiungendo, ancora una volta, che la stretta del credito «non c'è stata».
D. La recente crisi ha modificato il rapporto tra banche e imprese con le prime che in alcuni casi hanno assunto il ruolo delle seconde, attraverso la trasformazione di debito in capitale. Intesa Sanpaolo è stato uno dei protagonisti di questo fenomeno, un'evoluzione a volte contestata. Che cosa ne pensa?
R. Intesa Sanpaolo ha anche l'attitudine a investire nel capitale delle aziende. Vi è un'area della banca, infatti, il merchant banking, da tempo attiva nell'assumere partecipazioni di minoranza in imprese guidate da imprenditori capaci con progetti seri. L'obbiettivo è agevolare lo sviluppo di società sane e aiutarle a realizzare i piani industriali e potrei fare un lungo elenco di esperienze sicuramente positive: da Piaggio a Esaote, da Sigma Tau a Fila e a Granarolo. Ad oggi sono oltre cinquanta gli investimenti in essere della banca in imprese. Più in generale poi, la crisi dell'ultimo anno ha amplificato una situazione già esistente legata a un deficit che caratterizza l'imprenditoria italiana.
D. Deficit di capitali o di risorse manageriali?
R. Certamente non di risorse manageriali, il problema è la sottocapitalizzazione del sistema delle imprese. Il rapporto tra mezzi propri e mezzi terzi, infatti, è nettamente sbilanciato a favore dei mezzi terzi e le criticità del 2009 hanno accelerato il peggioramento di situazioni in parte già compromesse.
D. Chi critica devoluzione del rapporto tra banca e impresa sostiene che siano state favorite le aziende con un certo blasone a discapito delle pmi...
R. Non è così, siamo intervenuti in quelle situazioni in cui vi fosse un serio progetto industriale accompagnato dalla presenza di un imprenditore capace oppure da forti segnali di discontinuità rispetto al passato. Il nostro obiettivo non è certo ritardare l'insolvenza di un'azienda ma, ove possibile, favorirne il rilancio nell'interesse dell'intero sistema economico (azionisti, lavoratori, indotto). La difficoltà, talvolta, nell'intervenire in aziende molto piccole e sottocapitalizzate è che la trasformazione di debito in equity genererebbe inevitabilmente il controllo della società; circostanza questa che Intesa Sanpaolo ritiene di dover sempre evitare. Per certe situazioni è quindi necessario studiare soluzioni differenti.
D. Cosa risponde a chi parla di stretta del credito?
R. Lo ha già detto diverse volte l'amministratore delegato, Corrado Passera, per quanto riguarda Intesa Sanpaolo la stretta del credito non c'è, non esiste. Abbiamo 60 miliardi di euro di linee di credito non utilizzate ma è evidente che il credito serve a finanziare il circolante o gli investimenti di una azienda e pertanto, quando si è in presenza di situazioni di crisi, si devono trovare strumenti misti che oltre al credito possano prevedere anche il ricorso a ricapitalizzazioni.
D. È possibile che il doppio ruolo di banca e azionista crei una sorta di conflitto interno agli istituti?
R. In Intesa Sanpaolo non c'è alcun rischio di questo tipo in quanto l'area crediti e l'area equity sono strutture assolutamente distinte e separate. E non si possono in alcun modo creare situazioni di sovrapposizione dell'una nei confronti dell'altra.
D. Esiste un beneficio legato alla presenza delle banche nel capitale delle imprese?
R. Credo sostanzialmente di sì. Se una banca entra nel capitale di un'azienda significa che la stessa ha presupposti di sviluppo o di rilancio supportati da piani industriali credibili. L'ingresso nel capitale è quindi anche un segnale positivo e di fiducia che si estende a tutti gli stakeholders delle imprese.
D. Quando uscirete dal capitale delle aziende?
R. L'obiettivo è uscire quando il progetto si è realizza; riaffidando la piena proprietà dell'azienda o all'imprenditore originario o individuando altri investitori - come i fondi di private equity - disposti a subentrare. In ogni caso non prima di due o tre anni dalla partenza dell'operazione.
D. In quest’arco temporale la governance delle impese a chi sarà affidata?
R. La gestione dell'azienda viene sempre affidata a un management indipendente che interpreti e applichi i piani industriali condivisi e rappresenti gli interessi di tutti gli azionisti.
D. Prima faceva cenno a soluzioni alternative a quella della trasformazione del credito in capitale, si riferiva a opzioni particolari?
R. Certamente la recente iniziativa del ministero dell'Economia di dare vita a un fondo per il supporto delle pmi potrà rivelarsi fondamentale per il sostegno del tessuto economico in questa fase di particolare complessità. Intesa Sanpaolo poi, oltre a partecipare a questo progetto, già da tempo ha costituito un fondo dedicato alle pmi dotato di 300 milioni di euro e altri due di venture capital da 80 milioni.
D. Cosa pensa delle aggregazioni fra imprese?
R. Sono indispensabili per accelerare il raggiungimento di quelle dimensioni minime ottimali che possano consentire di competere con successo in mercati sempre più globali. Restano tuttavia da superare alcune storiche resistenze di imprenditori che non sempre sono disposti ad attuare politiche di corporate governance che prevedano la rinuncia al pieno controllo della società. Ciò non toglie che anche in questi ultimi mesi la nostra banca, tramite Banca Imi, ha agevolato importanti operazioni di aggregazione.


 


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