Gaetano Miccichè

Rassegna stampa 2006

Basta salvataggi, banche nelle imprese per lo sviluppo

  - Corriere della Sera

“La logica del “salvataggio”, della banca che entra in un’impresa per evitarne la chiusura, è superata. In passato era così, e talvolta sono stati persi molti soldi. Oggi gli interventi devono mirare a sostenere lo sviluppo, i piani di crescita, l’idea di un imprenditore”. Non è più, insomma, solo una questione di finanziamenti. Il rapporto tra banca e impresa sta cambiando. Gaetano Miccichè non ha dubbi che “ istituti di credito e aziende insieme, con un incremento di fiducia reciproca, possono raggiungere obiettivi importanti”. “Quando con Corrado Passera decidiamo di affiancare un imprenditore –spiega il responsabile della divisione “corporate” di Banca Intesa- guardiamo al progetto e decidiamo di accompagnarlo finchè non si realizza. Senza l’assillo del tempo”. È stato così per Piaggio, Esaote, Sigma Tau e diverse altre aziende. E ora con Grande Jolly, il primo polo alberghiero italiano che Intesa ha tenuto a battesimo una settimana fa.
D. Grande Jolly è stata una vostra idea?
R. “Il progetto è nato dopo un esame dei settori del Paese in cui abbiamo pensato fosse possibile, e doveroso, intervenire. Il turismo era uno di questi. Un anno fa abbiamo acquisito il 49% di Nh Italia e anche una piccola quota in Jolly. È stato naturale porre le condizioni per creare una grande catena alberghiera”.
D. Perché Intesa è entrata direttamente e non con uno dei private equity a cui partecipa?
R. “La logica del provate equity non avrebbe funzionato. Serviva un intervento di medio periodo, e noi intendiamo restare tutto il tempo necessario a creare un grande polo alberghiero che faciliti l’incoming turistico in Italia. Il private equity svolge un ruolo molto importante, tant’è che è ampiamente presente nel ventaglio di opportunità che Intesa offre alle aziende. Quando però queste necessitano di crescite più strutturate, guardando al medio termine, servono altri strumenti e prodotti”.
D. Che avete in casa. La banca corporate di Intesa fa merchant, investment banking, finanza strutturata, equity, advisory, capital market. Non crede che invece di uscire dalla logica bancocentrica così si finisca per rafforzarla?
R. “Tutti questi prodotti svolgono una precisa e differente funzione al servizio delle necessità delle imprese. Non è che debbano essere utilizzati tutti insieme, bansì volta per volta è importante individuare necessità o ambizioni degli imprenditori. Ciò consente alle imprese, come dimostrato, di crescere, investire in innovazione e internazionalizzarsi. L’obiettivo è di aiutare l’imprenditore ad aprire il cassetto e a realizzare il suo sogno imprenditoriale”.
D. O magari a fargliene venire uno. Su Esaote è andata così.
R. “Per Esaote si erano fatti avanti solo gruppi internazionali. Abbiamo promosso una cordata, coinvolto il management, e mantenuto in Italia il gruppo”.
D. Amor di patria?
R. “No. Non è che puntiamo ad essere a tutti i costi italiani e non europei. L’Italia ha delle realtà interessanti e imprenditori molto bravi. Un partner come Banca Intesa può rappresentare il riferimento per avere più coraggio a ricercare dimensioni adeguate. Un imprenditore con un fatturato da 100-200 milioni e buoni risultati deve spesso decidere se puntare a “mantenere le posizioni” o affrontare una nuova stagione. Ecco, in questo senso avere al fianco una grande banca è fondamentale. Fa crescere non solo l’impresa, mail Paese”.
D. Grande banca che sta per diventare ancora più grande.
R. “Con Imi, con le aree di investment banking di Intesa e con Caboto credo si verrà a creare una ancor più straordinaria struttura per supportare e affiancare le imprese a livello qualitativo oltre che quantitativo”.
D. Cambiando il rapporto banca-impresa, ritiene corretto ripensare anche il rapporto impresa-banca, come ha suggerito il governatore Mario Draghi?
R. “Sono pienamente d’accordo. È giusto che un’azienda possa partecipare al capitale di una banca: non è un conflitto ma una forma di investimento alternativo”.
D. E il rischio che la banca sia più “sensibile” verso l’azionista-impresa come si risolve?
R. “Con l’autoregolamentazione. Lo sviluppo è fatto da comportamenti virtuosi, non si può continuare a ricercare dietro ogni operazione una logica delittuosa. Il conflitto nasce solo se ci sono irregolarità nella gestione del rapporto con l’impresa azionista, se ci sono persone che eludono i loro doveri e i loto valori”.


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